Incontro Carlo Bianchetti, un giovane fotografo bresciano, in piazza a Roccella Jonica. Un’amica ha fatto da tramite. Quando arriva mi spiazza. Sorridente, solare, quasi timido, un giovane uomo al rientro dalla spiaggia. Mi aspettavo altro e sinceramente sono felice. Potrebbe essere mio nipote. Ordiniamo una birra e le domande inizia a farle lui. Vuole sapere tutto quello che posso raccontargli sui migranti e non è molto: storie di vita, documenti, dinieghi, partenze, ritorni, messaggi, ingiustizie, poche inclusioni. Parliamo di fiducia nel cambiamento della gente, e parliamo di guerra e di profughi. Ripenso al Vietnam scendo in piazza da quei giorni e sono stanca, ma non glielo dico, gli rispondo con una delle tante verità: “Esserci, non restare alla finestra serve! Soprattutto a noi stessi. Tu piuttosto perché hai scelto di venire a fotografare gli sbarchi?”
“Da molti anni coltivo la passione per la fotografia, con particolare interesse verso i temi sociali. Così, alla fine del 2021, ho deciso di licenziarmi dal mio precedente lavoro per potermi dedicare a pieno ad un progetto che mi permettesse di esprimere il mio punto di vista su temi umanitari che ritengo importanti, se non fondamentali, all’interno della nostra società.
Da molto tempo dedico attenzione al tema delle migrazioni, da sempre sinonimo di ricerca. Credo siano un chiaro segnale del fatto che spesso le cose nel mondo non funzionano come dovrebbero. Per me c’è una linea netta che divide ciò che è giusto da cosa è sbagliato, cosa funziona da cosa non funziona.”
“Sei qui per conto tuo o per qualche associazione o gruppo?”
“La consapevolezza che disastri umanitari, crisi climatica ed ingiustizie ad ogni angolo del nostro pianeta siano sempre collegati tra loro, mi ha spinto a voler iniziare un percorso di condivisione del mio punto di vista e delle mie preoccupazioni per il mondo che stiamo vivendo.
E’ nata così la collaborazione con l’associazione Cuspide di Brescia e il progetto fotografico “Chi accoglie non fa notizia”. Il titolo di questo progetto vuole essere una provocazione per attirare l’attenzione su tutti i passaggi che compongono le complicate rotte migratorie dirette in Europa, cercando di dare spazio alle varie fasi di cui spesso non si parla.
L’obbiettivo è quello di sottolineare i motivi che spingono migliaia di persone ad affrontare lunghi e pericolosi viaggi, dando voce a tutte le realtà che nel silenzio e nell’indifferenza sono diventate un punto di riferimento per tutti i profughi in arrivo, per esempio, dal Mar Mediterraneo o dalla rotta Balcanica.
Andare alla ricerca dei luoghi e delle figure che rendono possibile il complicato compito della gestione dei migranti, documentandone le storie e le condizioni di permanenza, è un’operazione necessaria per poter cambiare l’opinione dei cittadini e rivalutare la figura dei migranti da problema a risorsa.”
“Brescia è più vicina alla porta di nordest, ai migranti che arrivano dai Balcani come mai hai scelto Roccella?”
“Inevitabile per me è stato partire dalle coste italiane: la porta d’Europa. Per una serie di coincidenze sono venuto a conoscenza di Roccella Jonica, che nonostante il silenzio politico nazionale da anni si fa carico di migliaia di persone in arrivo dal mare. Una di quelle realtà di cui la gente non sa nulla e che invece dovrebbe conoscere per poter comprendere meglio come funzionano le cose, per cambiare idea.”
“E’ la seconda volta che torni, credi di aver fatto la scelta giusta?”
“Roccella mi ha permesso di entrare nel vivo del mio progetto, facendomi vivere in prima persona le storie e le realtà di coloro che affrontano il mare. Il Porto delle Grazie rappresenta solo la prima meta “sicura” di un percorso lunghissimo e pieno di insidie che i profughi dovranno affrontare, e che tanti di loro non si aspettano. Ma proprio perché rappresenta la prima fase, necessita inevitabilmente di più attenzioni. Attenzioni che per il momento non vengono date in una continua situazione di emergenza e precarietà.”
“Non credo sia facile scattare una foto con la volontà di documentare un dramma della Storia contemporanea e poi uscire dal porto e bere una birra in una piazza assolutamente normale e ignara. Sto pensando ai fotografi di guerra, loro hanno il contesto che li tiene sul pezzo, tu devi uscire e entrare in mondi paralleli. Posso chiederti come stai? “
“Certo non è facile per me vivere determinate situazioni, sto imparando che non c’è limite alla disperazione ed è una verità difficile da accettare, ma sono convinto che dare voce a queste realtà sia davvero necessario per poter trovare delle soluzioni umanamente valide che ci permetteranno, un giorno, di non dover più contare morti senza nome ma piuttosto di crescere come società.”
“Grazie di esserci ragazzo!”
Antonella Iaschi è nata a Parma il 24 ottobre 1956. Per scelta vive a Roccella Jonica. Ha scritto diversi libri di poesia, racconti e testi per il teatro. Ha iniziato a scrivere a 13 anni, dopo aver letto un’intervista rilasciata da Lawrence Ferlinghetti a una rivista italiana, e continua a scrivere perché crede che “raccontare la strada” sia l’unico modo per esistere e resistere. Assessore alla scuola e ai servizi sociali, Camposanto (MO) Consigliere comunale, Mirandola (Mo) Assessore all’ambiente, pari opportunità, memoria e solidarietà internazionale, Soliera (MO) Gestione dell’ufficio di coordinamento dei gruppi e le associazioni umanitarie impegnate in viaggi umanitari durante la guerra dei Balcani, ARCI (MO).
Coordinatrice di iniziative culturali e progetti di associazioni italiane, slave e statunitensi con lo scopo di promuovere i diritti umani, la solidarietà, la pace, la pacifica convivenza fra culture diverse. Collaborazione con la rivista “noidonne” edita dalla Cooperativa Libera Stampa.