𝑭𝒐𝒕𝒐 𝒈𝒂𝒍𝒍𝒆𝒓𝒚
Il Signore delle formiche di Gianni Amelio, presentato in concorso alla 79° edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, occupa ancora il primo posto del box office italiano.
Il film riporta alla luce il primo e unico caso di accusa di plagio, in Italia, nei confronti di Aldo Braibanti.
Non è la prima volta che la drammatica storia di Braibanti arriva sui nostri schermi. Con il documentario del 2020, Il caso Braibanti di Carmen Giardina e Massimiliano Palmese, vincitori del Nastro d’Argento per il Miglior docufilm, si ripercorre la vicenda processuale nei confronti del filosofo, poeta e ex partigiano Aldo Braibanti. Grazie alle testimonianze di personaggi come Piergiorgio Bellocchio, Maria Monti, lo stesso nipote di Braibanti, Lou Castel, l’Italia ha l’occasione di confrontarsi con il più clamoroso e vergognoso atto di omofobia della storia del nostro paese. Infatti, dietro la falsa accusa di plagio, un reato previsto dal Codice Rocco dell’era fascista e poi eliminato definitivamente dalla Corte Costituzionale nel 1981, si nasconde un processo contro l’omosessualità. Il documentario inizia così: “Mentre nel mondo infuriava la contestazione giovanile, con la richiesta di diritti civili e maggior libertà sessuale, il caso Braibanti divenne il nostro processo a Oscar Wilde. Con un secolo di ritardo.” Siamo in un periodo storico in cui ci siamo lasciati alle spalle gli orrori del fascismo e delle Seconda Guerra Mondiale, i giovani manifestano in tutto il mondo per i diritti e la libertà, ma l’Italia dimostra che non è libera, che i diritti sono solo per quella cerchia di persone che pensa che l’omosessualità è un qualcosa da estirpare ed eliminare attraverso 40 sedute di elettroshock e 8 shock insulinici.
“La più grave discriminazione che l’Italia ricordi… Il problema è che l’Italia non ricorda”
Arriviamo al 2022, in un periodo storico e politico in cui l’Italia sta facendo passi indietro. Gianni Amelio, regista di opere come Hammamet (2020), Il Primo uomo (2011), Cosi ridevano (1998), torna a parlare del caso Braibanti con Il Signore delle Formiche. Un’occasione per smuovere un po’ le acque, per cercare di far capire che l’Italia, in questi cinquant’anni, non è cambiata. Non ci sono i manicomi e gli elettroshock ma l’idea che l’amore tra due persone dello stesso sesso è contro natura, qualcosa di perverso e che fa paura, è ancora radicata nel pensiero di molte persone. Amelio affida il suo Braibanti a Luigi Lo Cascio, che ci regala un’interpretazione perfetta, ogni gesto del suo corpo, le espressioni, ogni movimento che accompagna le sue parole, il tono della voce catturano e seducono la macchina da presa e lo spettatore. Altrettanto perfetto è Elio Germano, che interpreta il reporter che si occupa di far luce sul caso.
Amelio doveva puntare di più sull’aspetto storico in cui si svolgono i fatti, di cui veniamo a conoscenza solo attraverso lo scambio di battute degli attori, e sul coinvolgimento emotivo del tema, nonostante la vicenda ha un forte impatto, scavare più a fondo poteva creare un maggior pathos tra il pubblico e la tematica importante che il film vuole raccontare.