“Una società si rende perfetta quando i figli degli altri diventano i propri.”

Una frase che ho sentito pronunciare ad un uomo saggio e che ancora mi ronza negli orecchi, fu il preludio ad un dialogo tra amici che espresse come fosse un monologo interiore dedicato alla speranza di un futuro, che forse ancora oggi, è miraggio di una società perfetta … quella che spinge le persone agli altri senza riserbo, senza averne obbligo e senza riscontro alcuno.

Per molti anni sono andata alla ricerca di gente dotata di questa caratteristica, trovandone alcune travestite da buoni samaritani e poche che in seno nutrivano l’essenza del darsi per non avere nulla in cambio. Persone come molti di coloro che ho incontrato nell’associazione “Gruppo Il Ponte”, che ogni giorno si spendono senza remore per migliorare le vite di giovani confusi, sminuiti dalle istituzioni e mortificati dalle droghe.

Costoro hanno vissuto sulla pelle portandone ancora le cicatrici, invisibili e indelebili, di aver avuto un figlio o un parente affetto da quel senso di vuoto, che spesso è compensato dal vizio di rendersi assenti per non affrontare la realtà, tramite sostanze psicotrope per reagire, l’abitudine nichilista di stordirsi per non pensare, oltre agli eccitanti per riuscire ad affrontare.

Oggi questa comunità, spinta da un pensiero comune, si muove per promuovere la propria idea di aiuto, e nel giorno del 30⁰ anniversario possono dirsi orgogliosi di poter festeggiare i risultati, ma non quelli delle raccolte fondi o delle firme solidali, bensì contabili in termini di giovani ridati alla luce come rinati dopo quel periodo di buio in cui erano caduti, porgendo loro una fune salda e sicura su cui aggrapparsi per riconquistare la vetta di quelle aspettative sopite in un anfratto di mente, ormai stanca e logorata dagli stupefacenti, ma che in silenzio aspettava di poter essere risvegliata.

Tra coloro che sfidano questa realtà ogni giorno, ci sono splendide anime occultate tra le folle, donne e uomini che hanno visto il baratro nella profondità degli occhi dei loro figli e parenti e che adesso, con decisione e fermezza, lottano per ogni ragazzo che distrugge quella luce che dovrebbe ardere nel fondo del proprio sguardo. Ingranaggi senza nomi che muovono un complesso meccanismo di accoglienza, che hanno saputo rendere quel disagio una forza da donare a tutti, insegnando e mostrando l’energia racchiusa in questa iniziativa, e senza adagiarsi nelle lusinghe dello sconforto, generando una forza che è tanto esplodente quanto contagiosa.

Oggi, dopo anni di fatica anche loro, per un giorno, possono festeggiare meritatamente le loro vittorie, che hanno il gusto delle vite ritrovate e che osservano in quei giovani ridati al mondo, quando distanti sbirciano i loro successi provando l’onore di aver contribuito a qualcosa di potente, ma senza mai provare l’orgoglio egotico di chi cerca rilievo bensì, solo il piacere di dare a qualcuno una seconda possibilità.

Vi ho parlato di questo luogo senza confini e senza ideologie, dove ognuno è semplicemente uguale all’altro, e dove la parola “diverso” è solo un complimento che identifica un talento distintivo, utile esclusivamente ad intraprendere la strada più giusta per rincominciare; qui hanno trovato appoggio le più variegate rappresentazioni dell’umanità, che dopo aver trascorso un periodo per rinforzarsi sono poi tornate al mondo migliorati e adulti. Ed è questo il motivo per cui ho voluto menzionarvi un qualcosa distante, almeno per chi non vive questa tragedia in prima persona. Perché quando il mondo si muove a favore dei più fragili, non dobbiamo mai dimenticare che essi potremmo essere anche noi o chi amiamo … e che di fronte ad un atto giovanile dalle sfumature ribelli ed aggressive c’è sempre una celata richiesta di aiuto, che sia essa sottolineata in Italiano, Arabo o abbia i colori più disparati dell’umana bellezza, qualcuno c’è! Ed è in grado di capire l’unico gergo comprensibile da tutti, che è quello della solidarietà. Ora sapete chi sono dei benefattori … e sono sempre pronti a rispondere.

Buon trentennale a tutti i collaboratori dell’associazione “Gruppo Il Ponte”, tra cui il Presidente Gianni, i fondatori Corrado e Isa, l’operatrice Giada e i collaboratori Silva e Fulvio, che mi hanno ispirata a scrivere di questo universo spesso nascosto.