di Pasquale Muià
Il territorio di Natile, Careri e dintorni, la onomastica e la toponomastica saranno oggetto dell’incontro di studi che si svolgerà il prossimo 3 giugno con inizio alle ore 18,00 presso la Piazza Chiesa Vecchia a Natile. Organizzato dalla Pro Loco K di Careri con la collaborazione del Comune, e della Comunità Ellenica dello Stretto, vedrà relazionare il professor Daniele Macris, docente universitario e Presidente della Comunità Ellenica dello Stretto sul tema: Note Onomastiche e Toponomastiche di Natile e dintorni con la presenza del sindaco professor Giuseppe Pipicella e della presidente EPLJ della Calabria Giuseppina Jeraci. La presidente Annamaria Sergi porterà i saluti istituzionali e avvierà l’incontro studi impreziosito da intermezzi musicali a cura di Giovanni Favasulli. Il nome di Natile può farsi risalire ad Anthili (ancor oggi presente in Grecia), parente di Antillo (Messina), per la posizione a solio, di fronte al sole. Decine sono i toponimi e i cognomi di origine greca, coerentemente con la storia del territorio. Durante l’incontro di studio si parlerà anche di Pietra Cappa la suggestiva località nel Comune di S. Luca (Rc), risulta presente in documenti bizantini e arabi di insigne antichità, e nota anche per la presenza del monastero di S. Giorgio, di cui restano poche, importanti vestigia.
Ma qual è la possibile interpretazione e spiegazione del toponimo.
Rohlfs in DTOC (1990) distingue Pietra Cappa da Petracucca. Per il primo toponimo – ci dice il professor Macris – toponimo rimanda a gr. καῦκα, “coppa”, mentre il secondo è presentato, sulla scorta di Idrisi, come un idronimo nella zona di Bruzzano, oggi detto fiume Torno. Anche Caracausi si riferisce al gr. td. καῦκα, correlato a καῦκος. Da καῦκος a καυκάλιον, inteso come diminutivo, il passo è breve, e infatti il significato si specializza in “vaso dal collo stretto”, spesso dato come variante libera di βαυκάλιον, comunque in autori della tarda antichità, e legato al genere di vita monastico. Connesso all’uso e quasi capostipite è da considerarsi il verbo βαυκαλάω, “sopire con il canto della nutrice”. (5) Ma un’accezione lievemente diversa è presente nel lt. “cauculator” , “ colui che mesce” e, per metonimia, anche l’effetto del liquido, talora amatorio, versato , come nel gr, cpr. καυκί, “amante”. Sempre nell’ambito dei dialetti greci – afferma il docente – ci si deve muovere per avere riscontri: in gr. pont. καύκαλον è “cranio”, “calvario”, καυκίν “tazza di caffè”, καυκαλιδιάσμαν “rigonfiamento”, e anche in ngr. καύκαλο “cranio”, “corazza di animale”, καυκί “gavetta”, “corazza della tartaruga”. (7) Evidentemente la forma concava del contenitore per mescere liquidi ha avuto un’influenza certa sulla definizione del toponimo e dell’abitato che vi sorse per lungo tempo. Joakimidou ci conferma che in età bizantina conserva il significato di “calice per il vino”, riferendosi ad un episodio nell’ippodromo di Costantinopoli relativo all’ imperatore Foca (602-610). Durante l’evo bizantino lo spettro semantico si amplia a significare anche la corazza della tartaruga, il letto di un fiume o il bacino del mare. La connessione con “cappa” può essere chiarita da un uso italiano umanistico: mollusco commestibile dei veneridi con conchiglia a due valve (Savonarola, prima del 1464). (12). Per il mollusco, pertanto, può trattarsi di una metafora visiva applicata alla conchiglia con le sue scanalature ed ondulazioni simili alle pieghe verticali e a raggiera di un mantello. D’altronde – conclude lo studioso Macris – si ha presente un latino tardo “cappa” col significato di “cappuccio”, derivato dal lt. “caput”, che così converge sul significato di “cranio” più volte richiamato dalle fonti greche citate.
Quindi la forma del gigantesco monolite, trova conferma e riscontro nella traduzione nel tardo latino “cappa”, inteso come cappuccio, cioè “piccola testa” e, poi, tessuto a copertura di essa.
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