Il Titanic ha chiesto ancora cinque anime, che naufragate nella storia fantastica e crudele di questa nave, si sono adagiate nel fondale accanto al suo relitto; una vicenda, quella del Titan il piccolo sottomarino per escursioni, che nel mistero ha generato interesse per la sua unicità, per quella drammaticità che immedesima, per l’ urgenza di agire e la tensione dei tempi corti, rendendoci protagonisti di un dramma che è empatia pura… che nonostante le critiche di alcuni, senza dubbio lascerà un marchio emotivo che infiammerà nuovamente le storie e le leggende di questa nave, dormiente ormai da più di un secolo ma che ancora naviga la fantasia salpando dai porti bizzarri dell’inventiva.

Sono trascorsi giorni prima di conoscere la sorte degli occupanti, un tempo abbastanza lungo per sollecitare fantasie romanzesche e nel quale molti hanno sceneggiato tra le invenzioni della mente ogni avvenimento.

Cinque uomini chiusi, isolati, legati al mondo da un messaggio di testo sommario per indicare la posizione, ogni quindici minuti, seduti su un tappeto di gomma a gambe incrociate, in quella capsula reboante chiusa dall’esterno in cui l’odore di uno diventa di tutti, i fiati si mescolano e le spalle si toccano, mentre i silenzi raccontano tutto e dove un giocattolo moderno diventa bara.

Un uomo d’affari con una console in plastica adattata allo scopo ma nata per giocare, un esperto di relitti per far da cicerone, un avventuriero in cerca di emozioni forti o forse solo di un racconto nuovo di cui vantarsi, e poi… un uomo dall’ Inghilterra, un milionario con due biglietti, di sola andata, uno per sé ed uno per il figlio diciannovenne.

Oggi sappiamo che con molta probabilità l’implosione abbia spento ognuno di loro in un attimo, a causa dei materiali come fibra, titanio e alluminio che avendo diversi coefficienti di espansione ne abbiano causato la rottura della struttura comprimendo e schiacciando tutto e tutti in quella struttura dura e fredda come la profondità dell’oceano che pretendeva di affrontare.

Ma per giorni abbiamo ascoltato il conto alla rovescia dell’ossigeno residuo, analizzando stati d’animo e aspettative di salvezza… pensando ad un padre causa della fine del figlio, immaginando ognuno di loro a cercare un Dio a cui rivolgere le proprie preghiere, sperando in un pensiero di salvezza effimero, stralunati dall’ossigeno che si dirada sostituito dall’anidride carbonica in eccesso, che offusca, ovatta e rende confuso il vedere e il ragionare.

Per molto e in tanti parleranno di loro, della morte che hanno trovato per la voglia di esplorare e vedere; qualcuno li ricorderà per l’incoscienza e altri avranno solo quel senso di vuoto che lascia ogni vita che sfuma… ma per una tragedia evitabile non resta neppure chi punire, rimane solo il dispiacere che affonda come un relitto tra i pensieri, fermandosi nel fondale della vita col suo senso di inutilità… quello che ogni tragedia lascia.