Siamo giunti alla metร  del mese di dicembre, il Natale รจ ormai alle porte! Oggi, come da inveterata tradizione, avrร  inizio nellโ€™orbe cattolico la novena che precede la celebrazione della โ€œfesta delle festeโ€, la nascita del Dio bambino, incarnatosi nel tempo e nella storia per cancellare la colpa del mondo. Sembra, perรฒ, che il mondo non abbia molto tempo per fermarsi a riflettere, anzi. La frenesia di questi giorni, una specie di smania festaiola impostaci da una moda consumistica che non ci appartiene โ€“ o, sarebbe meglio dire, non ci apparteneva! โ€“ muove masse disorientate di persone tra supermercati, negozi e centri commerciali alla ricerca di non si sa bene cosa. Bisogna comprare, spendere, spesso anche sprecare. Ci sono regali da destinare, occasioni dellโ€™ultima ora da non perdere, ma ci sono anche doni da elargire quasi forzatamente, le โ€œabbrigazioniโ€, diremmo in dialetto, ossia quei โ€œdoveriโ€ che vanno assolti per obbedire al “do ut des” senza criterio alcuno che oggi disciplina i rapporti sociali, lavorativi ma anche amicali, purtroppo! Una cosa รจ certa. Dobbiamo uscire, dobbiamo comprare, dobbiamo provvedere per tempo. Non in ultimo dobbiamo, poi, preoccuparci di svaligiarโ€ฆ ehm! volevo dire, di procacciare il cibo necessario per ammannire le nostre tavole. E che siano cene, cenoni e pranzi pantagruelici! Se alla nostra mensa siederanno parenti, amici e soprattutto gli amici-pro forma, beh! non si badi a spese. Che non si lesini ma piuttosto che si sprechi cibo e, se possibile, che lo si butti nella spazzatura cosรฌ da dimostrare agli altri che siamo stati economicamente in grado di strafare.

E cosรฌ aumenterร  lโ€™ansia di fa la spesa, di chi cucina, di chi apparecchia. Aumenterร  esponenzialmente anche lโ€™angoscia di chi farร  uso della pesapersone e di quanti โ€“ tra medici e farmacisti โ€“ dovranno prescrivere e smerciare digestivi, antiacidi, antispastici, antireflusso e anti-la qualunque.

Ma cosa รจ successo al Natale? Dovโ€™รจ finito il โ€œnostroโ€ Natale?

Avevamo un altro concetto di questa festa. Avevamo un altro modo di viverlo, di aspettarlo.

E si, aspettare il Natale.

Da queste parti – e non solo qui – giร  dal 15 novembre abbiamo cominciato a vedere luci, addobbi e, in molte case, anche lโ€™albero giร  parato. E mentre qualche temerario approfittava del tepore del sole per andare ancora al mare e molti giravano con la giacca di jeans per le temperature poco autunnali, del Natale tutto si riusciva a cogliere tranne che il clima e quel senso dellโ€™attesa che ci siamo persi per strada.

E pensare che soltanto quarantโ€™anni fa – quando io ero bambino! – tutto aveva un altro significato e allo scorrere del tempo si riconosceva una dimensione dinamica da vivere pienamente piuttosto che con lโ€™ansia e lo sguardo fisso sulle lancette dellโ€™orologio. Lo confesso. Sono figlio di โ€œgenitori antichiโ€ – come amava dire Luciano De Crescenzo – che avevano vissuto altri tempi, altri spazi, altre situazioni. E di conseguenza anche mia madre, che come di precetto desercitava magistralmente il compito di vestale delle tradizioni familiari, ci aveva insegnato a considerare il tempo in altro modo, certamente con attese diverse da quelle imposteci dalla contemporaneitร . Il calendario stesso aveva un ruolo narrativo, ci raccontava, cioรจ, il fluire dei giorni, lโ€™evolversi mai monotono delle stagioni, il rinnovarsi dei cicli lunari e, dunque, lโ€™imminente sopraggiungere delle ricorrenze della liturgia cattolica che scandivano, prima dโ€™ogni altro avvenimento, il limite tra la feria e il periodo della festa.

Ma ancora avevamo tempo per parlare, per ascoltare, per preparare. Avevamo il tempo per immaginare un Presepio sempre piรน grande e piรน ricco, per immaginare nuove strade che raggiungessero la grotta di Betlemme tra improbabili montagne di carta e zolle odorose di muschio. Approntare la struttura del Presepio significava smontare una casa, spostare mobili e scegliere spazi preminenti dove dare centralitร  a quel mistero che non capivamo pienamente ma cheโ€ฆ ci emozionava e ancora oggi ci emoziona. Guai a sbagliare i piani prospettici! Guai a mescolare i pastori di diverse dimensioni senza calcolare la loro corretta ambientazione. Un coro di proteste si levava dai genitori e dai familiari intransigenti che, passando e ripassando di lรฌ, dissentivano e cominciavano a spostare le statuine come fossero scacchi. Il mio era un presepe โ€œanimatoโ€ nel vero senso della parola. Ma era bello, nonostante le sue incongruenze. Era bello perchรฉ lo avevamo realizzato tutti insieme. Il Presepe era festa della famiglia! Il profumo dei dolci, sempre e solo fatti in casa, assaltati senza pietร  in raid spietati allorquando, ancora caldi, venivano lasciati incautamente a raffreddare nella camera da pranzo. Le luci dellโ€™albero, sfavillanti nel salotto buio, rischiaravano quelle notti interminabili passate in silenzio a contemplare quello spettacolo.

Non avevamo i calendari dellโ€™Avvento ma le antiche filastrocche dialettali che ci aiutavano a ricordare i giorni piรน importanti: โ€œSantโ€™Andrรฌa porta la nova: โ€˜u quattru รจ di Barvarรฌa, โ€˜u sei di Nicola, lโ€™ottu di Maria, โ€˜u tridici di Lucia, โ€˜u vinticincu dโ€™u veru Misรฌa!โ€.

Il giorno di Santโ€™Andrea Apostolo โ€“ diceva lโ€™adagio vernacolare โ€“ dร  lโ€™annuncio alle feste dicembrine: il quattro รจ di Santa Barbara, il sei di San Nicola, lโ€™otto dellโ€™Immacolata Concezione, il tredici di Santa Lucia, il venticinque del vero Messia!

Ed ecco che lo scorrere di quei giorni ci sembrava solenne e lentissimo, emozionante ma inesorabile. Tutto aveva un fascino, tutto un senso. Anche quando non riuscivo a capirlo. Forse perchรจ ho ricevuto in dono dalla Provvidenza una mamma che sapeva โ€œaggiustareโ€ sempre le situazioni, anche quelle piรน noiose e ineluttabili. Come le visite in casa degli amici per porgere gli auguri. Spesso rimanevo imbalsamato su un divano in devoto ascolto delle chiacchiere degli adulti, fiducioso in una โ€œsammartinaโ€ o in una โ€œnocatolaโ€ che potesse compensare lautamente la mia pazienza. Cโ€™erano, perรฒ, alcuni luoghi a me molto cari dove ero spettatore e protagonista al tempo stesso, come a casa del padrino e della madrina di battesimo. Le loro coccole erano fatte di cioccolata calda aromatizzata di cannella e chiodi garofano, di dolcetti e di quel tanto atteso regalo che potevo scartare con molta compunzione solo dopo aver ricevuto il consenso dei miei genitori. Che dire, poi, dellโ€™accoglienza che ci riservava la signorina Sofia, alla cui casa si accedeva da un mignano circondato dagli alberi di agrumi. Ero piccolo ma ricordo perfettamente che da lรฌ ammiravo il campanile della chiesa di Portosalvo che giganteggiava tra le case. Appena entrati, la Signorina si premurava di aggiungere le sedie intorno alla ruota di legno del braciere. Poi, mentre si chinava sulle braci, soggiungeva: โ€œBoni venuti! Dassati ca svrasciu โ€˜u luciโ€. E muovendo con destrezza la paletta di rame faceva affiorare le braci incandescenti sulle quali gettava un cucchiaino di zucchero e qualche buccia di mandarino. Era il profumo di Natale. Il โ€œmioโ€ Natale, quello della mia infanzia, quello degli affetti piรน sinceri.

Ma cโ€™รจ ancora tempo per vivere la vita abbracciandone pienamente il significato? Ci sarร  ancora tempo e modo per comprendere la nascita di questo Bambino, il Dio-con-noi, oltre le cornici esteriori del mondo, la convivialitร , il divertimento? Riusciranno soprattutto i piรน giovani a recuperare il vero senso del Natale?

Nel frattempo il gran fracasso della musica che proviene dal capannone allestito nella piazza Portosalvo riaccende nellโ€™immaginario giovanile lโ€™idea che il divertimento sia lโ€™unica esigenza da soddisfare anche durante le feste natalizie, complice il volume, le chiacchiere gridate e magari qualche drink di troppo!

Nonostante questo gran rumore, che รจ immagine dei nostri tempi e della loro insipienza, Dio nasce nuovamente tra noi.

Buon Natale!

 

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