Tanto per parlare di uno di quegli Italiani di cui essere fieri, uno di quei tanti sempre piΓΉ rari.

Parliamo di un uomo, che prima di essere un politico Γ¨ stato un intellettuale… di quando ancora la politica era cosa di cultura.

Trascorriamo qualche rigo di parole descrivendo un pessimista che illuminava il suo paese dal profondo della propria delusione.

Illustrazione di Antonella Mattino

Sciascia nasce nel 1921 a Racalmuto, dal cui cordone ombelicale non volle mai staccarsi, perchΓ© quasi tutti amano il proprio paese di nascita esaltandolo, ma l’aggettivo piΓΉ consono che lui aveva per descriverlo era: straordinario.

Fin da ragazzo, come poi da adulto e da uomo politico, era solito far guerra d’idee, inneggiare spesso alla belligeranza del pensiero e facendo della polemica (dal greco poleomos = guerra) l’unica arma, oltre che della mancanza di logica e d’intuizione l’unico ostacolo alla veritΓ .

L’autore Sciascia descrive secondo canoni polemici il reale, sottolineando e palesando una strumentalizzazione consapevole delle diatribe che furono e che saranno… ma elaborando un sistema logico sincronico con autori contemporanei sempre accostandoli al passato fino alle proprie origini, nel proposito di ispirare il suo presente anche ad un punto di vista diacronico, appoggiandosi sulle spalle di Voltaire, Courier, Manzoni e perfino Edgar Allan Poe.

Costretto ad un isolamento culturale per molti suoi punti di vista non reazionari, in un’Italia ancora troppo bigotta per accettare la veritΓ  sulla natura umana, trovava riposo dalle sue β€œpolemiche” nell’amico Pier Paolo Pasolini, condividendo un’esperienza comune, un lutto mai β€œrisarcito”, in una lotta tra compagni non di classe sociale ma con il fantasma di un dolore in comune, che li aveva resi uguali, e che da incapaci di essere amici per le troppe differenze, fece loro comprendere come nella diversitΓ  la veritΓ  sia comunque una soltanto… accorgendosi di pensare e di provare le stesse cose.

Ritratto di Cristina Correnti

Una consapevolezza di essere che dovrebbe toccare ognuno, a prescindere dal credo o dai gusti, dalle tradizioni o dalla cultura… diseguaglianze che lasciavano un indefinito disagio insolubile persino dalla logica che rilasciava impotenza e isolamento.

Un pensiero talmente limpido e logico da essere rimosso dal contesto politico democristiano, nascondendolo come un pensiero scomodo e relegando Sciascia dalla coscienza pubblica come un parente scomodo a cui non β€œdar corda”, tacciato come elemento imbarazzante da coloro che in β€œTodo Modo” descriveva come preti che giocano col diavolo, e trascinando ogni sua battaglia radicale nell’oblio descrivendolo un elemento affetto da senilitΓ  in pieno smarrimento ideologico.

Se dalla polemica trasse solo isolamento mai fu sopraffatto dal paradigma della solitudine, e quelle veritΓ  scomode che erano la coscienza critica del bel paese lo portarono alla polemica di se stesso, contraddicendosi nel cambiare punto di osservazione e nel valutare persino i suoi principi come non assiomatici, ma come elementi incerti da ridefinire… costringendolo ad entrare nella vita degli altri per comprendere senza preconcetto alcuno.

Questo era Sciascia, un filosofo obiettore del dogma, un uomo guardingo e senza eroine, traghettatore di un pensiero utile anche ai giorni moderni dove guerrieri pavidi si lusingano di battaglie senza farle davvero, dove i benpensanti uniti scrivono senza contradditorio, contro un mondo di schierati al vitello d’oro del momento, in lotta sempre con qualsiasi altra parte, detentori di una veritΓ  assoluta in nome di un’unica e sola giustizia, quella dell’interesse… e scelse il proprio schieramento cedendo il fianco a coloro che, pronti a colpire e scappare, sapevano insegnare regole, e mai promulgarne di nuove e rivoluzionarie.

Le parole di Sciascia sono tante e molte riemergono ancora oggi dalla nebbia del tempo, alcune chiare ed esplicite e altre ancora sembrano rumori da comprendere, ma una tra le altre trova collocazione oggi, in un incastro perfetto che ritrae, secondo i suoi canoni, l’odierno intellettuale dalla bocca grande e dalla calotta ristretta e prominente: i Cretini.

Un costrutto teorico, quello sui β€œcretini”, che Sciascia assume nel suo piΓΉ puro significato escatologico, descrivendone diverse sfumature per colmare le pecche dell’umana natura: da pagliaccesche figure di borghesi non pensanti e prostrati alla volontΓ  di un destino per non porsi questioni, fino a coloro il cui pensiero cimenta le proprie arti in quesiti senza soluzione, che come moderni β€œDon Chisciotte” giocano la vita con il gusto di intestarsi battaglie giΓ  perse.

Ritratto di TotΓ² Bonanno

Esempio eclatante e tristemente moderno, di come uomini e donne sappiano cadere nell’indecoroso pur di accettarsi, sono i moderni β€œcretini social”, che Sciascia definirebbe ostentatori della propria cretineria come fosse un capitale, come se l’essere dotati di mente potesse escludere dai pensieri e dai rimorsi… anni dopo il Maestro Umberto Eco si riferirΓ  a costoro per conto di Sciascia, immaginando i disastrosi esiti di un incontro tra uno stupido funzionale e un cretino cognitivo, coniando l’indubbia descrizione di β€œnuova ignoranza di mercato”.

Di cretini e di cretineria la nostra societΓ  straborda, direbbe oggi Sciascia, senza cadere nelle retoriche di ceto o di elite, ma bensΓ¬ il suo concetto si concentrerebbe sull’egemonia sociale da parte delle masse β€œignoranti”, ci definirebbe tramutati in un paese in cui i furbi sono proprio quei cretini di cui parlava, in cui ogni informazione subisce un’accezione ideologica funzionale a qualche politica collegata, e in cui, come direbbe Leonardo Sciascia:

β€œΓˆ ormai difficile incontrare un cretino che non sia intelligente e un intelligente che non sia un cretino. ma di intelligenti c’Γ¨ sempre stata penuria; e dunque una certa malinconia, un certo rimpianto, tutte le volte ci assalgono che ci imbattiamo in cretini adulterati, sofisticati. Oh i bei cretini di una volta! Genuini, integrali. Come il pane di casa. Come l’olio e il vino dei contadini.”

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