Voci, si alzano dall’abisso del silenzio, a cui nessuna veritΓ  ha dato sostegno… voci di donne ferite dalla giustizia che urlano il dissenso e che diventano simboli.

In questo evento, svoltosi nella bellissima cornice dell’Hotel Federica dello Chef Maurizio Baggetta, organizzato dall’Associazione β€œRiace Verso il Futuro”, capitanata da Antonio Trifoli, si Γ¨ tornato a parlare di cronaca abbandonata, di quei casi che hanno coinvolto donne, storie simili ma dagli esiti diversi.

Gli autori Fabio Amendolara e Fabrizio Di Vito.

La storia di Elisa Claps Γ¨ risultato un calderone in cui sono confluite una serie di anomalie, che tra indagini vane e superficiali e opinioni pubbliche al limite del pettegolezzo, ha coinvolto gli autori Fabio Amendolara e Fabrizio Di Vito: il tema dell’errore si evidenzia nel loro libro… ovvero di come una ricerca giudiziaria non dovrebbe β€œmai” essere svolta.

I due Giornalisti non credono all’ipotesi secondo la quale l’omicida possa aver agito in solitudine, e nell’analisi dei tempi omicidiari, gli autori trovano riscontro, raccontano di come sia evidente l’impossibilitΓ  dell’assassino di avere agito da solo, criticando la credenza comune che in un’ora Danilo Restivo possa aver percorso le Cinque rampe di scale, raggiungendo la vittima e dopo averla uccisa averle tagliato i capelli e gli indumenti, avrebbe tentato di occultarne il cadavere, aprendo una feritoia per disperdere l’odore di morte e poi tornare a casa, ricomparendo, ricordiamo dopo un’ora solamente, presso l’Ospedale San Carlo.

Inoltre il perito accusato di aver occultato le tracce di Dna, successivamente rinvenute dai nuclei dei Carabinieri, che parrebbe essere stato protetto per non essere condannato per le accuse di cui indagato.

Gli autori dichiarano β€œillogico” accettare tale tesi, e citano tra i tanti dubbi anche il bigliettino rinvenuto nel parco in cui il padre di Elisa gestiva una rivendita di tabacchi, riportante β€œ Avevo una gatta, si chiamava Alice, cantava troppo, l’ho uccisa, l’ho fatta sotterrare con una pietra sopra, ho solo la mia coscienza… Elisa dov’è?”.

Un documento agghiacciante, di evidente riferimento al caso Claps ma finito in unaΒ  nota a piΓ¨ di pagina di un’informativa non piΓΉ presa in esame.

Le autrici Maria Antonietta Rositani e Emilia Condarelli.

L’evento Γ¨ proseguito toccando un altro tema importante, anch’esso tratto da una storia di donne che la giornalista e scrittrice Emilia Condarelli tratta con estrema sensibilitΓ  e trasporto.

β€œIo non muoio” ci racconta di un’aggressione, quella di Maria Antonietta Rositani, una madre che ha subito sulla propria pelle la violenza di un marito, che evaso, dopo aver completato 500 km per raggiungerla a Reggio Calabria mise in pratica l’intento di darle fuoco.

Ad oggi dopo 200 interventi chirurgici, questa donna che alla frase del marito β€œMuori!”, rispose β€œNo, io non muoio!” ci trasporta in un mondo di soprusi e di paura, che dΓ  voce a chi non ne ha.

Nel libro la Condarelli descrive la dinamica dell’aggressione, dalla notizia dell’evasione alla chiamata disperata alle forze dell’ordine, dallo speronamento dell’auto con cui cercava di raggiungere la caserma, alla puzza di benzina e la voglia di vivere che spinse Maria a gettarsi in una pozza d’acqua per frenare la corsa del fuoco sul suo corpo.

Entrambi i casi rimandano ad una domanda, lapidaria come una sentenza, che vuole far comprendere come le denunce e i sospetti debbano essere presi sempre con attenzione, sia il padre di Elisa che Maria Antonietta chiamarono le istituzione e se, nel primo caso definirono la sparizione come un allontanamento volontario, nel secondo vollero accertarsi dell’evasione dell’uomo.

I tempi di intervento allungati hanno sostanzialmente dato spazio alla mano violenta di agire… e queste due vicende simili, ma casualmente diverse nella conclusione, dovranno essere monito di errori che mai piΓΉ dovranno riaccadere.

Nella foto: F. Amendolara, G. Gervasi, A. Trifoli, C. Capponi, E. Condarelli, F. Di Vito e R.Β Laruffa.

Una necessitΓ  richiesta anche dagli ospiti presenti in sala, moderati dal Vice Presidente dell’Ass. Riace Verso il Futuro Giuseppe Gervasi, che con maestria ed abilitΓ  Γ¨ riuscito a districarsi nell’intricato argomento, e da Caterina Capponi, Assessore alle politiche sociali e pari opportunitΓ  di Reggio Calabria, che hanno saputo fare il punto su un disagio e su come questo possa influire nelle vite di chiunque; grande assente alla serata Γ¨ stato il comune di Riace che, purtroppo, non ha presenziato, seppure l’evento non fosse minimamente politicizzato, ma anzi descrittivo di un problema insito nel tessuto sociale che deve toccare chiunque, a prescindere dall’ideologie, dal credo o dalle preferenze politiche.

Inoltre da menzionare l’intervento dell’Editore Roberto Laruffa che, da padre di famiglia qual Γ©, ha saputo mostrare il lato umano dietro l’editore che ha saputo mettere da parte il mercato per affrontare da Uomo il problema.

Un pugno di ore per descrivere il dramma di intere vite, cercando un senso per una violenza che non c’è.

Cercando di non vedere solamente ciΓ² che Γ¨ stato fatto, ma piuttosto quello che ancora c’è da fare per risolvere.

… e nella certezza che queste storie appassite come fiori bruciati dal sole possano germogliare nuove speranze, ogni donna impari che rimanere piegati Γ¨ piΓΉ doloroso e rischioso che alzarsi e fiorire per essere viste.

Vogliamo chiudere con le parole di una sopravvissuta, Maria Antonietta Rositano, che ha voluto lanciare a tutte questo messaggio: “Amate la vita, denunciate…io amo ancora”

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